Ogni anno la tradizione vuole che attorno alla notte di San Giovanni si raccolgano le noci fresche per preparare il famosissimo nocino. Nel nostro giardino, quando ci siamo trasferiti, abbimo trovato ben poca vegetazione, ma in compenso abbiamo un filare di noci produttivi. Così ho potuto sperimentare varie volte l’antica ricetta di Pellegrino Artusi, e ho qualche consiglio da darvi, soprattutto su come interpretare un testo scritto in un’italiano ormai talmente arcaico da risultare incomprensibile. Consiglio numero 1: non pensate di preparare il nocino senza dei guanti, altrimenti rimarrete macchiati per settimane, parlo per esperienza!
Chi era Pellegrino Artusi?
L’Artusi è una figura interessante, ha scritto il libro più famoso di sempre sulla cucina italiana. E’ stato un imprenditore che ha saputo prendere in mano l’attività di famiglia, condurla con successo, e ritirarsi relativamente presto per dedicarsi alle sue passioni. La sua vita non è stata tutta rose e fiori. Nel 1851 ha incrociato il famoso brigante romagnolo Stefano Pelloni, detto Passatore (poco) cortese, passato alla storia ingiustamente come un Robin Hood della bassa, mentre era un sanguinario criminale. Infatti violentò coi suoi compari alcune donne della famiglia Artusi e, in seguito a questo episodio che portà alla pazzia e poi alla morte una delle sorelle Artusi, la famiglia lasciò la Romagna per trasferirsi a Firenze. Qui passarono dall’attività di droghieri a quella di produttori di seta grazie all’importazione di bachi. Accumularono una fortuna, tanto da potersi ritirare dagli affari e campare di rendita.
Il suo libro di gastronomia “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” è frutto di una grande esperienza e di diverse prove culinarie, e se si ama la cultura gastronomica italiana non si può non averlo sullo scaffale più vicino ai fornelli.
Il Nocino
Del nocino si hanno notizie molto antiche, sembra infatti che i Britanni, secondo fonti romane, bevessero qualcosa di simile durante i festeggiamenti di Mezza estate, tra il 21 e il 25 giugno. Alcune ricette provengono anche dall’est Europa e dal Regno unito, ma pare che quella italiana, diffusa nel modenese, sia arrivata proprio dalla Francia.
Attorno a questa bevanda si narrano racconti stregoneschi, essendo il noce deputato ad albero delle streghe, sencondo la tradizione folkloristica. In alcune narrazioni si utilizzano le noci intere (raccolte da donne esperte), per evitare che il metallo le ossidi, mentre l’Artusi indica chiaramente di dividerle in quattro spicchi. In questo caso è bene proteggere la pelle e i vestiti, perché i succhi del mallo fresco sono un inchiostro difficilmente lavabile. Un altro consiglio che posso dare in base alla mia esperienza è di controllare da inizio giugno in poi le noci. Se l’anno è caldo, formeranno prima la parte legnosa. In questo caso saranno molto difficili da tagliare, e il gusto sarà più amaro. L’interno delle noci deve essere ancora gelatinoso.
La ricetta del nocino dell’Artusi
ingredienti:
30 noci col mallo
un litro e mezzo di alcol a 95°
750g di zucchero
una stecca di cannella tritata
10 chiodi di garofano interi
40ml di acqua
la scorza di un limone
Procedimento:
Tagliate le noci in 4 e mettetele in infusione con tutti gli ingredienti in un vaso da 5 litri di capienza. Chiudete il vaso e lasciate per 40 giorni in un luogo caldo, mescolando di tanto in tanto. Filtrate il liquore e assaggiatelo. Se è troppo forte potete allungarlo con un bicchiare di acqua (io lo faccio sempre, è fortissimo!). Secondo le tradizioni celtiche, il nocino va gustato la notte del 31 ottobre, secondo altri invece si apre a Natale. Buona degustazione!
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